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L’AFRICA COME NON L’AVETE MAI PENSATA – dossier

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L’Africa, identificata
nell’immaginario collettivo come una terra di povertà, conflitti e malattie, è
in realtà un continente che sta crescendo. La crescita più imponente è quella
economica ma si registrano dati positivi anche dal punto di vista politico,
sociale e culturale.

Verso una crescita di lungo periodo

Secondo il World Economic
Situation and Prospects, il Pil dell’Africa, in generale, dovrebbe
crescere  progressivamente  passando dal 3,5% del 2014 al 4,6% del 2015 e
al 4,9% del 2016.

Secondo i dati dalla
Banca Mondiale, alcuni paesi africani – Sierra Leone, Niger, Costa d’Avorio,
Liberia, Etiopia, Burkina Faso e Ruanda –, con un tasso di crescita annuo di
circa il 7%, si collocano fra quelli con la più rapida crescita nella
classifica mondiale.  Eppure, alcuni di
questi paesi “vincenti” hanno conosciuto un passato segnato da violente guerre
civili e figuravano, fino a qualche anno fa, tra gli stati più poveri al mondo.

Le cause di questo
slancio economico sono molteplici. Innanzitutto, l’Africa è molto ricca in
termini di materie prime e minerali. In secondo luogo, il fenomeno crescente
dell’urbanizzazione ha portato ad un rafforzamento della classe media e, di
conseguenza, ad un aumento del consumo interno. L’urbanizzazione, inoltre, ha
fatto permesso al continente, sprovvisto di una rete telefonica fissa, di
diventare il secondo mercato più importante, dopo l’Asia, nel settore della
telefonia mobile. A questi elementi, si aggiungono una progressiva indipendenza
dell’Africa dal Vecchio Continente per le esportazioni, ormai sempre più
orientate verso i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), e una
progressiva stabilità politica che incoraggia gli investimenti stranieri,
soprattutto nei settori delle infrastrutture, dell’agricoltura e delle
comunicazioni.

Un continente giovane

Secondo le stime del
World population prospect delle Nazioni Unite, il numero della popolazione
africana dovrebbe aumentare più del doppio entro i prossimi 40 anni, arrivando
a raggiungere i 2,4 miliardi.

A dispetto di un pianeta
sempre più “vecchio”, l’Africa avrà una popolazione giovane, con un’età media
compresa fra i 17 e 22 anni, destinata a diventare la più grande forza lavoro
al mondo, superiore a quella indiana e a quella cinese.

Affinché questa forza
lavoro possa diventare a tutti gli effetti un motore trainante dell’economia
sia dal punto di vista della produzione che dei consumi, è necessario investire
nell’istruzione e nella formazione dei giovani. Recentemente, alcune iniziative
statali e della banca mondiale sono andate proprio in tale direzione, promuovendo
investimenti nell’istruzione universitaria, soprattutto in Sudafrica dove la
gran parte dei giovani africani si trasferisce per ricevere una formazione
universitaria di qualità. Nuove università sono state aperte anche in Ghana e
in Malawi.

Sono stati stanziati
anche dei fondi per promuovere la ricerca. Per esempio, un progetto di ricerca
di fitomedicina presentato dall’Università nigeriana ha vinto un bando messo in
palio dalla Banca Mondiale e ha ricevuto un finanziamento di ben 8 milioni di
dollari.

La rivincita delle donne africane

L’Unione Africana ha
definito il periodo 2010 – 2020 il decennio della donna africana.

Sono tante infatti
le  giovani donne africane che grazie al
loro impegno nella politica, nella tutela dei diritti umani, nell’imprenditoria
e nell’innovazione tecnologica, stanno guidando lo sviluppo dell’Africa. Venti
di loro hanno ricevuto anche l’attenzione della popolare rivista di economia e
finanza Forbes.

Secondo i dati
dell’Unione Interparlamentare, il Rwanda
guida la classifica mondiale della percentuale di donne presenti in parlamento,
con il 63,8% dei seggi.

In Africa, molte
organizzazioni non governative che si battono per la tutela dei diritti umani
sono guidate da donne. Fra queste, figura la Women Peace and Security Network
Africa guidata dalla liberiana Leymah Gbowee, insignita nel 2011 del Nobel per
la pace. La Gbowee ha riunito donne cristiane e musulmane con le quali porta
avanti una lotta nonviolenta per il diritto delle donne a partecipare
attivamente alla costruzione della pace.

Le donne africane sono
molto dinamiche anche nell’imprenditoria, soprattutto quella sociale.

Ad esempio, in Kenya, Lorna
Rutto ha fondato un’impresa green nel settore dell’edilizia. Si tratta di
EcoPost, un’impresa che ricicla i rifiuti di plastica, trasformandoli in
materiale da costruzione. EcoPost, oltre a rappresentare un’interessante
soluzione per lo smaltimenti dei rifiuti, ha creato nuove opportunità di lavoro
per 300 persone, soprattutto giovani donne.

Ancora, la senegalese
Mariemme Jamme ha co-fondato Africa Gathering, un sito web internazionale che
ha l’obiettivo di promuovere la sostenibilità aziendale in Africa, favorendo
l’incontro fra imprenditori e consulenti sullo sviluppo.

 

Esempi virtuosi di democrazia

La stabilità politica è
fondamentale per garantire una crescita economica di lungo periodo. Gli stati
africani caratterizzati da meccanismi virtuosi di governance sono ormai molti.

Fra questi, secondo
l’agenzia di consulenza manageriale McKinsey, spiccano il Ghana e il Senegal.

Si tratta di paesi in cui
il “cambio di guardia” al potere si è verificato senza scontri nè violenze, nel
pieno rispetto dei principi democratici. Questo ha rafforzato la credibilità
dei due paesi a livello internazionale, attirando in modo crescente gli
investitori esteri grazie anche alle consistenti riforme istituzionali ed
economiche messe in atto dai governi e alla promozione di investimenti nelle
infrastrutture.

Entrambi i paesi, a
partire dagli anni Novanta, hanno dimezzato
la povertà
e la mortalità infantile e raddoppiato
il tasso di alfabetizzazione femminile.

Il Ghana, in particolare,
figura ormai fra le economie a medio reddito e nel 2013 la borsa ghanese è
stata annoverata fra le migliori al mondo.

La Grande Muraglia Verde, il sogno africano diventa realtà

 La Grande Muraglia Verde
è un’ambiziosa iniziativa lanciata nel 2005 da
Abdoulaye Wade e Olusegun Obasanjo , allora presidenti rispettivamente
del Senegal e della Nigeria, per porre un freno  alla desertificazione. Il programma,
appoggiato dall’Unione Africana, la Fao e la Banca Mondiale, vede coinvolti i paesi
del Sahel.

Si tratta di 7.500 chilometri
di vegetazione per preservare la biodiversità e contrastare la povertà, le
migrazioni forzate e i cambiamenti climatici.

I primi progetti pilota,
per ora, sono partiti solo in Senegal. Piantando 11 milioni di alberi e piante,
il paese è riuscito non solo a rigenerare ben 26mila ettari di terreno ma anche
a creare nuove attività produttive connesse al progetto, nei settori
dell’ecoturismo e dei giardini polivalenti.

Il Rwanda e l’arte della ricostruzione

Il Rwanda, teatro di uno
dei più violenti genocidi della storia, è oggi uno dei paesi più dinamici
dell’Africa.

Il vivace ambiente
creativo e il mercato dell’arte – come si legge in un reportage di Lisa Chiari
e Roberto Ruta pubblicato recentemente su Artribune (www.artribune.com) – hanno un ruolo di
spicco nel processo di ricostruzione del paese.

Prima del genocidio del
1994, in Rwanda non esistevano istituzioni culturali e l’arte non era vista
come una vera professione bensì come un espediente per fare qualche soldo con i
pochi turisti in circolazione. Oggi, invece, le cose stanno cambiando.

Kigali, la capitale, è il
cuore della creatività dei giovani africani con brillanti iniziative nella moda,
nel cinema, nella pittura, nel design e nei musei. In un paese in cui il
settore artistico è ancora agli inizi e dunque manca di esperti, la maggior
parte degli artisti è autodidatta ma tenace ed è  caratterizzata da quell’ottimismo tipico dei
paesi emergenti.

Numerosi sono i musei che
sono stati aperti nel paese: il Museo di Storia Naturale, la National Art
Gallery, il King’s Palace Museum e il Museo dell’Ambiente.  Per ora questi musei attirano per lo più
turisti stranieri ma la speranza è che in un futuro non troppo lontano, anche i
rwandesi possano riempire questi luoghi.

A tale scopo, alcuni istituti culturali hanno
avviato delle attività interattive rivolte ad adulti e bambini  come corsi di danza, musica e  paint therapy per superare il trauma del
genocidio.


Fonte: Ufficio Studi Mezzopieno; Gruppo di Ricerca Etica Valori ed Economia

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