La buona notizia del giorno ■
Le donne italiane che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste in possesso di partita IVA sono le più numerose tra tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Sono 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Un record europeo che conferma la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all’imprenditorialità. Circa il 56% delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie eccetera) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Poco meno del 20% opera nel commercio, mentre poco più del 10% è attivo nell’hotelleria e ristorazione, circa il 6% nell’industria e con la medesima percentuale nell’agricoltura.
Le analisi riscontrano due principali fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l’imprenditorialità come percorso necessario. Il secondo fattore concerne ragioni intrinseche e motivazionali che rispecchiano la sensibilità femminile e che spingono le donne ad abbracciare l’opportunità di diventare imprenditrici. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità l’equilibrio tra gli impegni lavorativi e quelli familiari. L’autoimpiego inoltre permette di andare oltre le disparità di genere e di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza.
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