Una situazione che si è verificata in tutto il mondo a seguito della pesca eccessiva, della distruzione degli habitat e del cambiamento climatico. Un fenomeno che per decenni ha causato la diminuzione dei pesci sulle coste e negli oceani.
Qualcosa di nuovo sta però accadendo nelle acque dei mari di tutto il mondo. Dopo decenni di contrazione della popolazioni di pesci, alcune tendenze hanno cominciato a cambiare. I dati raccolti negli Stati Uniti rilevano che il numero di specie marine sovrasfruttate in attività di pesca si è ridotto di due terzi, passando da 92 nel 2000, a 29 nel 2015. Nel frattempo il numero di specie ittiche ricostituite è passato da zero a 39.
Secondo la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite, il 90% degli stock ittici sono stati sfruttati in passato in corrispondenza o oltre i loro livelli di massima sostenibilità. Le nuove tecniche di pesca, quote e regolamenti più strutturati hanno permesso di invertire la tendenza e di riportare i pesci nei mari.
Grazie alla collaborazione tra organizzazioni di pescatori, università, associazioni ambientaliste e istituzioni, sono state definite zone per la rotazione della pesca, il ripopolamento programmato e la definizione di stock di pesca regolamentati secondo parametri scientifici che prevedono i tempi di riproduzione di ogni specie, un piano di gestione per aree e per popolazioni ittiche e limiti nella taglia e nella quantità di pesci da pescare.
I risultati sono stati immediati. “I nuovi limiti di cattura sono stati determinati dalla scienza, piuttosto che dall’economia o dalla politica, è stata una svolta” afferma Margareth Spring capo conservazione ufficiale al Monterey Bay Aquarium. “Molte specie pressoché sparite sono tornate e i mari sono di nuovo ricchi di biodiversità e di vita”.
Fonte: National Oceanic and Atmospheric Administration; The New York Times