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RAFFAELE NAPPI

per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno

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Giornalista e scrittore. Redattore collaboratore a Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano. Impegnato nel giornalismo con un occhio attento al sociale e al giornalismo costruttivo.


 

Qual è per lei il ruolo dell’informazione sul benessere della società?

Solo una società ben informata è una società giusta. Quando lo facciamo non dobbiamo aver paura di dirlo: l’informazione è un pilastro per la democrazia. Un diritto e (pure) un dovere.

 

Cos’è per lei una buona notizia?

In ogni storia c’è una buona notizia, basta accorgersene. Siamo continuamente e letteralmente circondati da buone notizie, da belle storie, da racconti che ci emozionano, ci cambiano la giornata. Dobbiamo solo aprire gli occhi.

 

Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?

Il giornalismo non è (solo) d’opinione: quando si è davanti a una notizia non si può far altro che descriverla in modo più o meno dettagliato. La notizia è, in effetti, il racconto più o meno dettagliato di un evento. Eppure ciò che può cambiare dal nostro punto di vista, da chi le notizie le scrive, è l’approccio: si può raccontare l’umanità anche in una tragedia, si può trovare una speranza anche in una disgrazia. Forse il mondo non cambierà, ma tu avrai dato il contributo a renderlo un pochino più fiducioso.

 

Qual è il suo contributo per una buona informazione?

Non esistono giornalisti tuttologi, di questo ne sono convinto. Per questo ho cercato di specializzarmi in un paio di tematiche, che alla fine si sono rilevate quelle a me più congeniali. Mi piace parecchio raccontare tutte quelle storie piene di entusiasmo che si nascondono dietro al grande ombrello che chiamiamo comunemente “Società”. C’è Salvatore che ha perso una gamba ma che continua a nuotare e a stabilire record su record in difesa dei diritti dei disabili. C’è Matteo che non si arrende alla malattia e fa il giro del mondo in carrozzina, nonostante la SLA. C’è Reyna che è fuggita dal Perù e quando è arrivata a Roma non aveva niente: e oggi dirige un’azienda
tutta sua, e dà lavoro a italiani e stranieri. C’è la sartoria nata a Caserta per ridare dignità alle donne vittime di prostituzione e un ristorante nato all’interno di una villa confiscata, c’è chi spiega la storia agli studenti grazie a una stampante 3D e chi è riuscito a coltivare funghi dai fondi del caffè. Ci sono i medici che hanno costruito una bici speciale che ha permesso a Lorenzo di tornare a pedalare, e chi si è laureato a 10 anni dall’incidente che l’ha costretto sulla sedia a rotelle, comunicando con un sintetizzatore. Ci sono belle storie uscite fuori anche grazie al coraggio dei caporedattori che hanno voluto pubblicarle.

 

Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzopieno?

Non mi piace l’espressione che usano in America quando chiamano i giornalisti “cani da guardia del potere”. Io, i giornalisti me li immagino come dei piccoli supereroi che grazie ad una penna e ad un taccuino possono cambiare il mondo. Sai, si dice che nessuno è nato sotto una cattiva stella: è che guardi il cielo in modo sbagliato.


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