per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
Giornalista e facilitatrice con la passione per la crescita e il benessere. Si occupa di comunicazione e di formazione per aziende, associazioni, professionisti e operatori olistici.
Qual è per lei il ruolo dell’informazione sul benessere della società?
“Siamo ciò che mangiamo” è un detto che vale non solo per il corpo fisico, ma anche per quello mentale ed emotivo. Credo profondamente che non solo il nostro corpo si nutra, ma anche la nostra mente e le emozioni. Per questo, da anni ormai non ho più la televisione in casa, proprio perché voglio poter scegliere di cosa nutrirmi, mentre la tv, al contrario, bombarda indiscriminatamente con le scelte editoriali fatte da altri, che purtroppo non tengono conto del reale benessere delle persone. Per lo stesso motivo non leggo i giornali (sic, pur essendo giornalista!): la mia salute globale è più preziosa della “conoscenza” come viene proposta dall’informazione. Ritengo quindi che sia fondamentale introdurre solo “alimenti” selezionati per il nostro benessere emotivo e mentale. Questo principio applicato all’informazione richiede di poter scegliere a quali tipi di notizie accedere e come riceverle. Per esempio, l’usanza diffusa di ascoltare i telegiornali durante i pasti è deleteria, perché crea una mescolanza inconscia fra violenza, frustrazione, senso di impotenza, ecc, con il cibo che assumiamo!
Cos’è per lei una buona notizia?
Direi che una buona notizia si caratterizza perché contiene stimoli vitali, quindi è in grado di incitare ad atteggiamenti funzionali alla creazione consapevole della propria vita, in tutte le sue forme. Per esempio, è “buona” la notizia che ho recentemente letto sul vostro giornale relativa alla Cooperativa Centro Moda Polesano che, sull’orlo del fallimento, è stata ricomprata coraggiosamente dalle sue stesse operaie, che hanno scelto di prendere in mano le redini della propria vita lavorativa anziché soccombere. Poi, ovviamente, per essere una notizia deve anche essere vera e creata rispettando i criteri della deontologia professionale.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Sono convinta di sì: le persone al giorno d’oggi sono bombardate da una quantità di stimoli che fino a qualche decennio fa non era immaginabile. Già solo questo aspetto è un elemento con cui dobbiamo convivere imparando a non soccombere. Il nostro cervello, infatti, si affatica nella gestione di troppe informazioni. Lo stress nasce anche da questo. Se, in più, le notizie stimolano emozioni e pensieri depotenzianti, allora la frittata è fatta! Del resto, si dice che il gioco dei “potenti” sia proprio questo: nella paura siamo controllabili, nella libertà no! Quindi, certamente: la positività dell’informazione fa la differenza fra una popolazione fiduciosa e una che vive in una costante sensazione di conflitto.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Personalmente, come ufficio stampa, imposto sempre i vari comunicati, le newsletter e i post sui social dando valore alla positività. Attualmente seguo il Nordic Walking Treviso e la palestra Strada Facendo. Ho poi il mio blog su www.robertamarzola.it e la mia pagina Facebook professionale, Roberta Marzola giornalista e facilitatrice, dove ogni giorno stimolo le persone a riflettere sui modi in cui portare luce e chiarezza nella propria vita. Propongo poi meditazioni attive e laboratori per la consapevolezza, sia nel territorio dove vivo (Treviso) che on line, per renderli accessibili a tutti senza confini.
Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?
E’ un modo di percepire i fatti che ci accadono: posso scegliere di subirli, giocando il ruolo della vittima, oppure di ascoltarli, osservarli, interrogarli ponendomi la domanda: “Quale messaggio mi sta portando questo evento?”. Quando i fatti sono spiacevoli, bisogna fare attenzione a non negarli. Scappare dalle zone ombra e quindi dal bicchiere mezzo vuoto, è una scelta che prima o poi si manifesta in tutta la sua drammaticità: la vita torna a riproporcele con maggior forza, affinché ci decidiamo a cambiare qualcosa, accogliendo il messaggio che l’evento “negativo” ci sta portando. Una volta compreso questo passaggio, si può saltare allo step successivo, come fosse un percorso obbligato, e cogliere la trasformazione che avviene nella nostra esistenza. Allora, veramente il bicchiere diventa mezzo pieno e ogni volta che tornerà a vuotarsi per metà, sapremo cogliere l’intento positivo, senza perderci nel vuoto… E’ più facile comprendere questa visione quando si pensa che tutto accade “per” me, non “a” me!
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