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ANDREA MATTA

per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno

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Giornalista pubblicista e speaker radiofonico su Radiolina. È direttore della rivista online ProfiloSociale.it, si occupa di giovani e sociale. E’ stato corrispondente dalla Sardegna per Radio Montecarlo, speaker di Radio Golfo degli Angeli e RSE Radio Sant’Elena e analista del programma TV Talk (Rai3)

 


 

Qual è per lei il ruolo dell’informazione sul benessere della società?

L’informazione deve “informare”, come dice la parola stessa. Cioè tenere aggiornato chi ascolta, chi guarda, chi legge. Questa è la vera chiave. Una società che sta bene è una società che vuole anche sentirsi dire le cose positive che accadono nel mondo. Molto spesso siamo legati a notizie negative, che ci cambiano l’umore, influenzano la nostra giornata. Ecco perché spesso cerco di raccontare belle storie.

 

Qual è per lei la definizione di buona notizia?

È una notizia che racconta una bella storia, a lieto fine. Ma è soprattutto una notizia che può contribuire alla crescita del lettore. Al lettore deve rimanere impresso qualcosa. Infine la notizia positiva, oltre a contribuire alla crescita del lettore, può contribuire anche alla crescita di noi che la comunichiamo.

 

Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?

A mio avviso sì. Ma per ridurre la conflittualità è necessario che siano in tanti a farlo, ad impegnarcisi. La nostra politica spesso non è per l’incontro, ma per lo scontro. Quindi, ribadisco, per ridurre la conflittualità serve l’apporto di tutti. Incluso quello di noi giornalisti, che dobbiamo raccontare la realtà davvero com’è, nei suoi aspetti positivi o negativi. Se c’è un problema, devo raccontarlo così com’è, senza però limitarmi alla sua descrizione, ma incoraggiando il lettore a ragionare sulle possibili soluzioni. Purtroppo questo nei social accade molto poco, poiché lì si mette in luce un problema, tutti quanti commettono negativamente, ma non spazio per una soluzione. È facile fermarsi all’accusa, ma dovremmo sempre chiederci “tu cosa fai per migliorare le cose?”.

 

Qual è il suo contributo per una buona informazione?

Il mio primo contributo è quello di verificare sempre le notizie, anche sui social, anche nella comunicazione sportiva. E poi fornire sempre buoni spunti. Primo perché penso che il giornalista non debba sempre raccontare
la disgrazia, ma debba riuscire a raccontare anche gli aspetti positivi. E secondo perché bisogna essere credibili e dare un buon esempio. La mia credibilità di giornalista, quindi, si basa su notizie sempre verificate (ad esempio
includendo sempre il link alla fonte) e su di un dialogo con chi legge che va al confronto, non allo scontro.

 

Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?

Che possiamo riempirne un’altra metà, che possiamo puntare a riempirlo tutto. Il bicchiere mezzo pieno è qualcosa che c’è, che resta, che stiamo condividendo con qualcuno, che abbiamo lasciato per qualcun altro. È un
po’ un gesto di condivisione. Nella mia esperienza da scout penso sempre al momento in cui sei in montagna, in salita, e hai poca acqua. C’è chi l’ha finita completamente e chi ne ha ancora un litro a disposizione, ma quello che ha il litro d’acqua cerca sempre di condividerlo con gli altri, semplicemente perché il benessere è di tutti e non deve arrivare al fatto che io sto male perché ho finito quell’acqua. Dividiamola, condividiamola un po’. Questo è quello che deve succedere anche nell’informazione, che dev’essere anche condivisione. La condivisione, se possibile, di buone pratiche. Il lato negativo di tutto questo è che può non portare a tanti click, alla vendita dei giornali. Però dobbiamo capire qual è il nostro ruolo: noi dobbiamo fare i giornalisti, alle vendite ci pensano gli editori, chi si occupa di commerciale. Mi rendo conto che per noi è difficile. Devi conoscere l’ambiente digitale in tutte le sue sfaccettature, però è un impegno importante quello che ci dobbiamo prendere, e dobbiamo farlo.


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