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Giornalista e conduttrice a TV2000. Ha scritto per diverse testate giornalistiche di cultura e politica e lavorato nell’editoria e per la radio sempre con una particolare ricerca sulle tematiche sociali e alle storie di fiducia e di speranza. Ha pubblicato diversi romanzi, saggi e biografie, tra cui “Sarà bella la vita” (2012 editore Marietti) e una biografia di Giovanni Falcone con la sorella Maria “Le idee restano” (2017 editore San Paolo).
Qual è per lei il ruolo dell’informazione sul benessere della società?
L’informazione dovrebbe aiutare a registrare tutta la realtà in tutte le sue sfaccettature, non soltanto quelle più cupe che ovviamente fanno più notizia perché spesso siamo portati a cercare ciò che ci manca rispetto a quello che abbiamo. Il giornalismo dovrebbe essere più coraggioso e a 360 gradi racconta la realtà tutta ricordandosi che ciò che si comunica impatta con la percezione del mondo a livello psicologico ed emotivo e quindi ha una responsabilità a indirizzare l’umore e la rabbia delle persone.
Cos’è per lei una buona notizia?
Le notizie non sono ne buone ne cattive, bisogna darle con garbo anche se sono dolorose ma sempre rispettando le persone, quindi anche una notizia brutta può essere data in modo buono. Una buona notizia non è una
notizia condita di rose e fiori ma è una notizia data bene, con responsabilità, con rispetto e con attenzione umana e con puntualità e veridicità. Se invece parliamo di diffondere le buone notizie come complemento oggetto allora è una notizia che smentisce una lezione corrente, ad esempio l’accoglienza, la generosità. Notizie che riescono a costringere la riflessione, a far trasparire un sorriso, un pensiero buono e che riescono a far capire che non tutto è perduto e che l’umanità resiste.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Il giornalismo attuale, no. Non solo per colpa dei giornalisti ma un sistema economico che cerca sempre più lettori per non morire. Non sempre è una cattiveria intrinseca o una volontà malsana ma è un tentativo di attirare
l’attenzione e di guadagnare qualche copia in più, il che a volte significa anche non licenziare delle persone. Esiste poi un costume che è causato da una mancanza di cultura. Oggi ognuno si sente in diritto di esprimere le proprie idee, che è alla base della democrazia, ma non tutti quelli che scrivono notizie sono giornalisti. Credo che il giornalismo possa essere portatore di fiducia se disegna tutte le parti in causa e soprattutto se è scevro da ideologie.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Lavoro in una realtà in cui portare buone notizie è un punto di orgoglio. Nella mia attività ricerco persone da incontrare e da cui farsi raccontare qual è il senso della loro vita, quali significati danno alle cose e cercando di tirar fuori dei buoni esempi. Abbiamo bisogno di maestri, di modelli buoni e di belle figure da ricordare che possono scaldare il cuore e farci capire che c’è tanto di buono nell’uomo. In realtà se siamo capaci a guardare, sono molto di più le persone che ci stupiscono e ci commuovono di quelle che ci deprimono e ci inquietano. La giornata è scandita da molte più cose belle di cui ringraziare che non cose da maledire; dipende da come guardiamo. E il modo in cui guardiamo, dipende dall’educazione.
Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?
Io sono una persona tendenzialmente pessimista, educata nel rigore sabaudo, ma faccio uno sforzo costante a seguire quella che è una massima kantiana “il pessimismo della ragione può essere accompagnato dal ottimismo della volontà”. Lo sforzo che faccio ogni mattina che mi sveglio e chiedermi, “che cosa mi regalerà questa giornata?” “quali possibilità, quali persone, quali cose mi porterò a casa questa sera?” queste sono cose che danno valore al tempo.
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