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PAOLO LAMBRUSCHI

per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno

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Giornalista professionista, ha fondato e diretto il mensile di strada Scarp de’ tenis e il mensile di finanza etica Valori. Come inviato di Avvenire, si è occupato prevalentemente di vicende di immigrazione, povertà e traffico di
esseri umani. Nel settembre 2014 è stato nominato capo della Redazione degli Interni per poi tornare, nel 2018, a fare l’inviato dedicandosi soprattutto al tema delle migrazioni e del volontariato.


 

Qual è per lei il ruolo dell’informazione sul benessere della società?

Il ruolo dell’informazione dovrebbe essere quello di fare da cane da guardia delle istituzioni, della politica, dell’economia. In Italia c’è però l’esasperazione della cronaca nera e questo trasforma l’informazione in
ansiogena, con l’aumento del sensazionalismo che si ripercuote anche sull’agenda politica che si fa condizionare, così come l’agenda mediatica e l’opinione pubblica con la ricerca, anche sui social, dell’untore, dei cattivi, di qualcuno da odiare. Lo vedevamo prima nei confronti degli immigrati e con le differenze, ma lo abbiamo visto e lo vediamo anche oggi con l’emergenza sanitaria per il Coronavirus e l’additare come untori i cinesi. Ora si è in parte riequilibrato, siamo diventati noi italiani gli untori, ma ci saranno delle riflessioni in merito da fare.

Il discorso è sempre lo stesso, non raccontare solo l’albero che cade, ma anche la foresta che cresce, perché accanto ai fatti di cronaca nera ci sono tanti fatti positivi, che sono lo specchio della società, che ha reti della solidarietà e del terzo settore efficienti, ha dei valori.

La bontà, soprattutto dalla precedente maggioranza di governo, era stata presa di mira, come se fosse un disvalore.

Ora l’emergenza sta rimettendo le cose a posto: le Ong non sono più “cattive” e non vengono più additate come il business della solidarietà e complici dei trafficanti e degli esseri umani. Chi fa volontariato non è qualcuno che si arricchisce, dietro queste realtà ci sono principi molto solidi.

Chi va controcorrente viene spesso visto con sospetto, ma il giornalismo dovrebbe andare controcorrente.

 

Cos’è per lei una buona notizia?

Vedo nella buona notizia un evento positivo, un evento che mette insieme persone che si danno da fare per
risolvere i problemi. Per esempio, raccontare come i giovani del servizio civile si sono resi disponibili a proseguire il servizio nonostante l’emergenza sanitaria di Coronavirus e l’invito a interrompere il servizio, anche se se ne è parlato molto poco, vanno sulle ambulanze o per consegnare medicine e spesa agli anziani che non si possono muovere.

 

Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?

Cerco, il giornalismo lo può fare. Ovvio che il giornalismo non deve fare sconti a nessuno, non nascondere le cose che non vanno. Ma va equilibrato con l’informazione positiva, pensando a questo periodo storico che stiamo vivendo, per esempio con le riconversioni delle fabbriche, con la produzione di mascherine da parte delle comunità, con i medici in prima linea, le cassiere, i sacerdoti, ma ci sono tantissimi casi come questi che contribuiscono a costruire la complessità della realtà.

 

Qual è il suo contributo per una buona informazione

Ho iniziato a fare giornalismo cercando gli eroi nascosti e continuo tuttora a farlo. Ho fondato il settimanale Scarp de’ tenis, un giornale di strada, ma anche un progetto sociale, dove i protagonisti sono le persone senza
dimora e persone in situazione di disagio personale e che soffrono forme di esclusione sociale. Il giornale intende dare loro un’occupazione e integrare il loro reddito.

Ho lavorato con Banca Etica e fondato il mensile Valori. Ora ad Avvenire, continuo a mostrare e raccontare l’altra Italia e l’altro mondo facendo vedere le persone che cercando di cambiare la realtà tutti i giorni e cerco di contribuire a far crescere una coscienza sociale.

 

Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?

A 54 anni continuo a essere ottimista, al limite dell’ingenuità, forse. Sono portato a vedere le cose che vanno e che non vanno ma cerco sempre di vedere il contributo positivo delle persone non cerco mai di essere critico fino a distruggere una persona, a meno che non ci sia malafede.

Noi siamo un popolo di viscerali e abbiamo la tendenza a vedere le persone come eroi un giorno e una nullità il giorno dopo, ma ci vuole più equilibrio, tra interessi e relazioni e aspetti umani.


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