I campi da golf occupano grandi spazi naturali e spesso non hanno un impatto positivo per l’ambiente. Il terreno viene privato della sua vegetazione naturale per far posto al fairway erboso e il mantenimento del campo richiede molta acqua e l’irrorazione di pesticidi, con conseguenze molto impattanti per la fauna e per la biodiversità locali.
Negli Stati Uniti, uno dei Paesi in cui il golf è più popolare, il numero di chiusure di campi supera da almeno 15 anni quello delle nuove aperture; un fenomeno in atto dal 2006. Le organizzazioni no-profit ambientaliste e le autorità locali stanno acquisendo i campi da golf che sono stati abbandonati a causa degli elevati costi di manutenzione e della diminuzione del numero di giocatori, per riconvertirli in aree che aumentino la biodiversità e costruiscano difese naturali contro i cambiamenti climatici. Nei campi sono ripiantate le specie autoctone, riportando i flussi idrici al loro stato naturale e ristabilendo le popolazioni ittiche. Nei campi sono tornati la fauna selvatica, le zone umide e i boschi, insieme a sentieri escursionistici.
Questi spazi offrono “enormi opportunità dal punto di vista della conservazione”, afferma Guillermo Rodriguez, direttore statale della California del Trust for Public Land, un’organizzazione ambientalista che sta ricostituendo diversi parchi naturali. “È una vittoria multipla”, spiega. “Si aumenta l’accesso del pubblico prendendo ex campi da golf privati e trasformandoli in proprietà pubbliche e si restituisce l’acqua ai fiumi e ai torrenti, creando un habitat migliore per le specie in via di estinzione che abbiamo in California”.
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Fonte: Trust for Public Land; National Golf Foundation; foto di Pixabay
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