Tutto è partito da una fabbrica
dismessa di Torino. Negli
ultimi anni la città ha affrontato spesso il tema della
riconversione degli edifici industriali in disuso,
con l’obiettivo di concentrarsi sulla loro rigenerazione e sulla riqualificazione urbana.
Samo rappresenta uno dei successi raggiunti da questa riconversione, con un’importante ricaduta sociale del territorio. Il nome del locale, dal sapore anni ’70,
caratterizza l’atmosfera che colora il circolo che attraverso arte, cultura e creatività ha aperto le porte anche ai meno
abbienti.
Le attività che si svolgono da Samo vanno
dall’arte contemporanea alla cucina, gli
eventi sociali e di inclusione, fino all’auto-produzione. Ma è il
ristorante per i poveri che riscuote il massimo dell’attenzione. Andrea Polacchi,
presidente del comitato provinciale dell’Arci, ha
lanciato il progetto di accoglienza che combatte il freddo e la fame con la
cultura, con 50 pranzi a menù fisso offerti gratuitamente per quattro mesi alle persone senza una casa e a chi ne ha più bisogno.
Il locale propone un ristorante popolare solidale con i più poveri, aperto sette
giorni a settimana, risponde con le sue caratteristiche ad una necessità per chi
vive in strada, offrendo non solo una mensa di solidarietà ma anche un luogo
caldo ospitante e di accoglienza. Molti raccontano il peso di una vita persa nella povertà, il fallimento personale dovuto ad un
errore o alla crisi economica, e poi con un sorriso, raccontano del calore trovato
all’interno della grande famiglia di Samo.
Fonte: Samo – L’Isola che c’è
Volonwrite per Mezzopieno