Non è più il “paese della Liabel”: Pettinengo, 1500 abitanti
nell’entroterra biellese, è stato ribattezzato “il paese salvato dai migranti”. Il
comune ne ospita un centinaio (il 2000% in più di quanto stabilito dalle linee
guida del Viminale) e ciò non è percepito come un’invasione, piuttosto come
l’occasione per tessere amicizie e collaborazioni professionali (senza contare
i due matrimoni misti già celebrati!).
I fondi per l’accoglienza sono stati
investiti in programmi di formazione e inserimento lavorativo per “creare
delle sinergie che andassero anche a beneficio del territorio e di chi lo
abita”, come sostiene Andrea Trivero, direttore di Pacefuturo. Ciò ha creato un
circolo virtuoso: una quarantina di disoccupati sono stati assunti per lavorare
con i migranti alla manutenzione dei boschi, del patrimonio pubblico e delle
aree verdi, incoraggiando il superamento di diffidenze e pregiudizi.
Nei comuni montani i migranti spesso riescono a integrarsi
più facilmente rispetto alle grandi città. È quanto emerge dall’indagine
“Montanari per forza”, commissionata dalla Compagnia di San Paolo. Sono state prese in esame 7 realtà, tra cui il modello d’accoglienza
diffusa di oltre cento rifugiati in 20 municipalità della Val di Susa; l’esperienza
di Ormea, che ha inserito i migranti in
progetti di recupero di castagneti e terreni agricoli in stato d’abbandono;
infine Entracque, dove 40 richiedenti asilo, adeguatamente formati, sono stati
coinvolti nella pulizia e manutenzione di boschi e sentieri del Parco Alpi
marittime. Un’opportunità per questi borghi, che potrebbe sottrarli al rischio
di diventare paesi fantasma.
Fonte: Redattore Sociale – 15 maggio 2017