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LA FORZA SILENZIOSA DELLA MITEZZA

Editoriale

 

Dalle pagine dei giornali alle sale d’attesa dei dottori, sui mezzi pubblici e all’uscita dalle scuole, passando dai dibattiti televisivi e nelle chiacchiere della gente, la lamentela è un atteggiamento che spesso entra nelle conversazioni trasformandole in sequele di polemiche senza uscita. L’atteggiamento costantemente critico di certe persone è un vizio che colpisce chi pensa di dover avere sempre il controllo sulle situazioni, sugli altri e su come vanno le cose. Spesso quando non si sa cosa dire o si vuole fare audience si ricorre alla lamentela, come se fosse un terreno su cui ci si ritrova tutti, un evergreen che permette di allearsi con chiunque contro un nemico comune da combattere.

La vita è un alternarsi di avvenimenti che condividiamo o no, di compromessi e di fallimenti, di risposte ai nostri dubbi o di domande che rimangono irrisolte, di bene e di male; si può prendere come una lotta continua o come un cammino di adattamento e di comprensione. Non c’è un modo giusto e uno sbagliato ma uno che si pone contro e uno che decide di essere pro. In altre parole, si può combattere ogni giorno una battaglia per cambiare il mondo oppure scegliere di viverlo come è e trovare dei modi per essere il più possibile in armonia con il suo fluire.

La mitezza è l’atteggiamento che accoglie la vita con benevolenza e con una risposta indulgente, che ne riconosce innanzitutto la insondabile grandezza con gratitudine. Questo approccio vede gli avvenimenti come risultato di una esistenza complessa e multiforme, senza giudicarli con superficialità ma che accetta di necessitare di pazienza per poterli capire e affrontare. Il mite dà spazio al tempo e al concetto del limite, ha quello che si potrebbe definire un atteggiamento ecologico con la vita. La mitezza è la forza di non contrapporre forza, la libertà di non dover giudicare ogni cosa, non avere paura di non avere un’opinione su tutto, di non temere la debolezza e gli errori. Invertire il circolo dell’aggressività e della violenza, attendere, contemplare, dire SI, ringraziare e riconoscere la propria piccolezza e la bellezza di tutto questo.
La mitezza è un profumo leggero che avvolge, uno stile, non è una mancanza di coraggio ma una saggezza che privilegia il discernimento attento alla reazione frettolosa. Il mite non entra in rapporto con il mondo con un atteggiamento competitivo ma per collaborare con esso, abbandonando il proposito di gareggiare, di confliggere e di vincere, senza tuttavia smettere di vedere le differenze le iniquità ma senza lasciarsi da queste sopraffare. Non significa accettare l’ingiustizia o la violenza senza reagire ma dare valore alla comprensione e reagire con moderazione per giustizia e non per ira o per vendetta.

La mitezza non va confusa per leggerezza e nonostante le letture distorte o banali che se ne possono dare, non è indifferente alle iniquità del mondo né confrontabile all’ignavia ma è una rinuncia al conflitto che viene dalla consapevolezza di non possedere l’unica risposta giusta, un distacco dal bisogno di ottenere sempre un risultato ad ogni costo, consapevole della distruttività di ogni scontro. Questo non impedisce che anche i grandi obiettivi possano essere perseguiti con mitezza; la determinazione, tanto valorizzata nella nostra società, può essere integrata dalla pazienza e diventare così forza mansueta, un atteggiamento imprevedibilmente sovversivo.

Un distacco psicologico e spirituale che permette di chiedere sempre un po’ meno di quello che le cose possono dare, riscoprire il piacere di lasciare andare le cose come sono. Il mite è colui che riesce a rispettare anche chi sbaglia, senza dover giustificare l’errore o essere permissivo e che, pur disponendo della opportunità o della forza non le usa per sottomettere gli altri ma che cerca altre soluzioni che puntino al maggior benessere di tutte le parti coinvolte; è colui che nei rapporti interpersonali si sforza sempre di perdonare e non si stanca di fare uso del dialogo e della diplomazia. Non si fa giustizia da solo. Non sacrifica nulla degli altri ma allo stesso tempo nulla di sé. Il mite non si agita freneticamente per affermarsi e occupare posti di potere o di particolare visibilità sociale, non opprime e non sfrutta nessuno ma sopporta serenamente le avversità.

La mitezza può essere una dote caratteriale ma più spesso è una conquista da perseguire nelle difficoltà di cui è lastricata la quotidianità; una consapevolezza che parte dal fatto che ognuno di noi è diverso e vede il mondo in modo differente. Mitezza in fondo è poi lasciare le cose come sono, senza cercare di cambiarle, una umiltà senza resistenza; la docilità al servizio dell’armonia. Così anche le passioni, le ansie e la durezza sono trasformate dall’abbraccio della mitezza, la delicatezza nel suo senso più elevato. Passare da un “io” a un “noi”, un “tutti noi”. Se esiste un modo per interrompere il circolo della violenza, non è certo opponendogli altra violenza ma la mansuetudine, un atteggiamento che può spiazzare al tal punto da disarmare. Ricordi come ti sei sentito davanti ad una persona umile?

Allora se vuoi compiere in te una piccola rivoluzione silenziosa, prova a smettere di lamentarti e a lasciar stare ciò che vorresti e datti al mondo invece di cercare di prendertelo; c’è una grande serenità che si nasconde nel silenzio del cuore.

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Luca Streri | Mezzopieno

 

 

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